Le emozioni: un mondo affascinante, da sempre visto come contrapposto a quello della ragione, indice di impulsività, desiderio e passione.
Ma cosa sono realmente le emozioni e perché sono così importanti nella nostra vita?
Ci sono delle ragioni precise per le quali noi proviamo emozioni, così come ci sono fattori che determinano la nostra capacità di regolarle.
Nel seguente articolo proviamo a fare chiarezza in questo ampio mondo, sperando di riuscire a fornirti le risposte che cerchi.
Emozioni: un costrutto complesso e universale
Partiamo con il dire che tutti gli esseri umani provano le stesse emozioni. Gli studiosi hanno evidenziato alcune emozioni primarie, che sono innate in ognuno di noi. Esse sono: gioia, tristezza, rabbia, paura, disgusto e sorpresa. Paul Ekman, grande studioso delle emozioni, ha evidenziato come esse si manifestino attraverso le stesse espressioni del volto, a prescindere dal paese o dalla cultura di appartenenza. Tali emozioni di base, anzi, sono state riscontrate in tutti i mammiferi. Nell’uomo, animale socialmente più complesso, le emozioni primarie si articolano dando luogo ad emozioni secondarie, come senso di colpa, vergogna, invidia, che hanno infatti uno stretto legame con le relazioni interpersonali.
L’emozione può essere definita come una reazione transitoria, caratterizzata da specifici stati mentali e fisiologici, che si attivano come risposta ad eventi esterni o interni all’individuo. Ogni emozione, infatti, ha diverse componenti:
- quella fisiologica: il sistema nervoso si attiva in risposta a certi stimoli e produce cambiamenti nel corpo, tendenzialmente connessi allo scopo di quella emozione (di cui parleremo più avanti).
- quella cognitiva: ad ogni emozione si associano determinati pensieri, scenari mentali, ricordi.
- quella espressiva: l’emozione viene comunicata con l’espressione del volto, la postura, la gestualità.
- quella comportamentale: ogni emozione ci spinge a mettere in atto determinati comportamenti finalizzati al raggiungimento di un particolare obiettivo.
Perché proviamo emozioni?
Come dicevamo, il mondo delle emozioni è sempre stato messo in contrapposizione a quello della ragione e descritto come un qualcosa che offusca la nostra mente e ci impedisce di raggiungere i nostri obiettivi. Ma è davvero così? Sicuramente, se raggiungono un livello di intensità molto elevato, le emozioni possono farci perdere lucidità e portano a mettere in atto comportamenti disfunzionali, con conseguenze negative per il nostro benessere psicologico. Tuttavia, di base le emozioni hanno uno scopo adattivo: provarle è funzionale alla nostra sopravvivenza! Per questo è importante imparare a gestire le emozioni nel modo migliore, senza però reprimerle.
Cosa fanno le emozioni?
Le emozioni motivano e organizzano le nostre azioni: ogni emozione è stata sviluppata e mantenuta nel corso dell’evoluzione perché in qualche modo era funzionale alla nostra sopravvivenza. Ogni emozione, se andiamo a vedere, ha uno scopo specifico, verso cui ci dirige tramite determinate serie di azioni. Ad esempio, la paura ci segnala la presenza di un pericolo e prepara il nostro corpo ad affrontarlo o a scappare. La rabbia, invece, si attiva di fronte a situazioni di ingiustizia e ci spinge a ristabilire il giusto equilibrio delle cose o a riappropriarci di ciò che ci spettava. Le emozioni, inoltre, ci permettono di agire rapidamente in situazioni importanti, soprattutto quando non abbiamo tempo per riflettere sulle cose.
Le emozioni comunicano agli altri: come abbiamo detto, le espressioni facciali sono aspetti innati delle emozioni e comunicano molto più velocemente delle parole. La comunicazione delle nostre emozioni ha una influenza sugli altri e li spinge a rapportarsi a noi in determinati modi. Ad esempio, il senso di colpa, manifestato dalla postura o dalla comunicazione diretta di scuse, dovrebbe far riavvicinare l’altro a noi, permettendo quindi il mantenimento della relazione.
Le emozioni comunicano a noi stessi: le reazioni emotive possono darci informazioni importanti su una situazione e possono essere segnali o allarmi che qualcosa sta succedendo. E’ importante dunque imparare ad ascoltarsi. Sensazioni corporee viscerali possono fungere da intuizione, una risposta a qualcosa di importante riguardo una situazione, e questo può essere utile quando le nostre emozioni ci conducono poi a verificare i fatti, per accertarci che l’intuizione fosse corretta. Attenzione però! A volte trattiamo le emozioni come se fossero fatti concreti: se mi sento insicuro, vuol dire che sono incapace; se ho paura, sicuramente succederà qualcosa di brutto, ecc. Più forte è la nostra emozione, più forte sarà la convinzione che essa si basa su un fatto reale, ma non è necessariamente così.
La regolazione delle emozioni
La regolazione emotiva viene considerata come la capacità di modulare uno o più aspetti del proprio stato emotivo, o della risposta comportamentale ad una emozione (Campos & Sternberg, 1981; Gross, 1998 a,b). Con il termine regolazione emotiva, dunque, ci si riferisce a comportamenti e strategie messi in atto dalla persona per tentare di regolare, appunto, l’emozione che si prova in quel momento. I processi di regolazione emotiva sono fondamentali per una buona salute mentale e un adattamento funzionale all’ambiente. La regolazione emotiva non ha a che fare solo con il tenere a bada le emozioni a valenza negativa ma è considerata un costrutto multidimensionale caratterizzato da: disponibilità a sperimentare emozioni negative o positive; consapevolezza, comprensione e accettazione dei diversi stati emotivi; impegno nel raggiungimento di un dato obiettivo, in risposta ad emozioni sia positive che negative; uso flessibile di strategie adeguate al contesto per modulare l’intensità e/o la durata della risposta emotiva; spostamento e non soppressione dell’emozione disfunzionale. Presentare carenze in una di queste aree è considerato indice di difficoltà di regolazione emotiva. In questi casi si parlerà di disregolazione emotiva, ed è indice di psicopatologia (Gross e John, 2004).
Un’adeguata funzione di regolazione emotiva permette alla persona di rimanere nella cosiddetta “finestra di tolleranza”, compresa tra l’ipo e l’iper-attivazione emotiva; quella condizione cioè ai cui due estremi si trovano l’appiattimento emotivo (in cui non si provano emozioni, o esse vengono completamente evitate e anestetizzate, ad esempio con l’uso di droghe o farmaci) e un’eccessiva intensità emotiva, che travolge l’individuo e lo fa agire impulsivamente. Se si riesce a regolare funzionalmente le proprie emozioni, ci si trova invece in uno stato di equilibrio, in cui è possibile mantenere un adeguato funzionamento sociale e portare avanti il raggiungimento di obiettivi. In questa condizione ottimale, le emozioni vengono provate, e possono anche risultare spiacevoli, ma vengono poi riconosciute, accettate e gestite.
Esistono strategie di regolazione emotiva efficaci? Alcuni studi dimostrano che alcune strategie possano considerarsi più adattive ed efficaci di altre (ie. Hopp, Troys & Mauss, 2010), andiamo a vedere nel dettaglio di quali si tratta.
Quattro strategie di regolazione emotiva adattive
Ristrutturazione cognitiva: In questo caso si va ad agire sulla parte cognitiva legata all’emozione, quindi ai pensieri negativi che spesso si accompagnano e incrementano uno stato emotivo spiacevole, andando ad aumentare lo stato di sofferenza. La ristrutturazione cognitiva consiste nel trovare interpretazioni alternative a quelle che stiamo dando della situazione stressante, oppure nel rimodulare i pensieri in modo che siano meno rigidi. Puoi trovare diversi spunti di riflessione sulle tipologie di pensiero disfunzionale e su come ristrutturarli in questo nostro articolo, clicca qui.
Problem-Solving: Un’altra strategia è quella di agire direttamente sulla situazione che ha scatenato lo stato emotivo spiacevole. Ovviamente, il problem solving può essere utilizzato solo se abbiamo, almeno in parte, il controllo sulla situazione che ci crea sofferenza.
Accettazione: Se, al contrario, la situazione stressante esula dal nostro controllo e non può essere modificata (come ad esempio la perdita di una persona cara), possiamo lavorare sull’accettazione. In questo caso ci si riferisce all’accettazione, non giudicante, dell’emozione che si sta vivendo in quel momento, cercando di accoglierla e farle spazio dentro di sé. Contrastare la normale reazione emotiva ad un evento di vita difficile, infatti, non fa che accentuare la sofferenza. Può essere utile approcciarsi all’emozione dolorosa come alle onde del mare: esse arrivano, raggiungono un picco e poi defluiscono. Se le lasciamo scorrere senza ostacolarle, faranno il loro corso e si calmeranno spontaneamente.
Modulazione dello stato emotivo: Nei casi in cui l’emozione fosse molto intensa e disturbante, si possono mettere in atto anche strategie pratiche per cercare di ridurne l’intensità. Nel caso di vissuti depressivi risulta molto efficace l’attivazione comportamentale: riattivare il corpo per contrastare gli effetti della tristezza e interrompere il circolo vizioso che fa permanere in uno stato di demotivazione e apatia. Quindi, si può fare sport (anche una semplice camminata di mezz’ora) o stilare una lista di attività piacevoli da mettere in atto. Se si stanno provando forti emozioni di ansia, possono essere d’aiuto esercizi di rilassamento, come la respirazione diaframmatica, o la meditazione. Qui trovi un video sulla respirazione quadrata, utile per calmare il corpo quando sei molto agitato, clicca qui.
Per quanto riguarda invece le strategie di regolazione emotiva meno efficaci, troviamo:
Soppressione dell’esperienza emozionale: Come già accennato, tentare di sopprimere un’emozione spiacevole dà raramente esiti positivi. L’emozione è una reazione fisiologica a determinati eventi, dunque, se anche mentalmente ci possa sembrare di averla controllata, essa si farà comunque sentire nel e attraverso il corpo. Una conseguenza della soppressione emotiva può essere la comparsa di disturbi psicosomatici, caratterizzati da sintomi fisici, come dolori o altre sensazioni corporee, non spiegati da problemi organici.
Evitamento: In questo caso la persona cerca di evitare di provare l’emozione dolorosa, che ritiene di non poter sopportare. L’evitamento può avvenire ad esempio attraverso l’utilizzo di alcool o altre sostanze stupefacenti, che anestetizzano il vissuto emotivo; oppure tramite il ricorso al cibo; o ancora, concentrandosi totalmente nel lavoro (il cosiddetto “workaholism”).
Rimuginio e ruminazione: Invece che evitare o sopprimere il vissuto emotivo, certi soggetti tentano di regolarlo soffermandosi in modo ripetitivo sull’esperienza di tali emozioni, le loro cause e le loro conseguenze. Il rimuginio nasce dal tentativo di utilizzare il problem solving, ma in situazioni in cui non abbiamo controllo, o addirittura per cercare di “risolvere” il vissuto emotivo. Ne abbiamo parlato approfonditamente qui.
Se ti sei riconosciuto nelle strategie meno funzionali per gestire le emozioni e/o senti di aver bisogno di aiuto per affrontare un momento difficile, siamo qui per te.
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