Negli ultimi anni stiamo assistendo ad un incremento esponenziale della diffusione dei disturbi del comportamento alimentare (DCA): anoressia, bulimia e binge-eating disorder. All’Ospedale di Roma Bambino Gesù gli accessi al pronto soccorso per tali problematiche sono raddoppiati negli ultimi due anni (2021-2022) rispetto al biennio precedente (2019-2020). I ricoveri in ospedale sono passati da 362 a 565: tra i due bienni presi in considerazione sono cresciuti del 56% (Corriere della sera, 15 marzo 2023).
Accanto a questa diffusione sempre maggiore dei disturbi, si sta verificando anche un abbassamento dell’età d’esordio: tipicamente collocata tra i 15 e i 25 anni, ormai è sempre più frequente vedere i primi sintomi già nel corso delle scuole medie, o addirittura già a 8 o 9 anni.
Qual è la causa?
Verrebbe spontaneo attribuire questa crescita alla pandemia da Covid-19, dal momento che abbiamo assistito ad una vera e propria ondata di richieste di aiuto subito dopo il 2020. Il lockdown e la mancanza di socialità possono sicuramente aver acuito un fenomeno che, però, era probabilmente già attivo.
Uno dei principali fattori di rischio per lo sviluppo dei DCA potrebbe essere individuato nell’uso dilagante e sempre più precoce dei social network.
In fasi della crescita delicate come la preadolescenza e l’adolescenza, in cui si costruisce l’immagine di sé, anche e soprattutto in rapporto agli altri, essere esposti costantemente ad immagini di modelle e influencer con corpi “perfetti”, sempre in ordine, ben truccate, magre e sode, ha un effetto devastante sulla propria autostima.
L’uso dei social in queste patologie è così importante che ormai è normale tenerne conto durante la diagnosi e il trattamento: capire quali app la paziente usi (parliamo al femminile perché la stragrande maggioranza dei casi riguarda le ragazze), per quanto tempo e l’impatto psicologico che esse hanno sull’umore e sulla percezione del proprio corpo è fondamentale.
Disturbi del Comportamento Alimentare
Quando parliamo di Disturbi del Comportamento Alimentare (DCA) dobbiamo necessariamente considerare che all’interno del loro nucleo psicopatologico vi è la valutazione eccessiva che la persona ha rispetto alla forma del proprio corpo e al peso e il loro controllo. Questo determina una valutazione del proprio valore solo ed esclusivamente in base alla forma del corpo, al peso e alla capacità dell’individuo di controllarli, causando quindi una marginalizzazione delle altre aree di vita, degli interessi ed attività. La vita della persona con DCA viene totalmente occupata dalle diete, dalle preoccupazioni per il peso e la forma del corpo e dall’esercizio fisico, perdendo importanti esperienze e momenti di vita, con conseguenze anche per quanto riguarda deficit interpersonali.
Campanelli d’allarme
Alcuni campanelli d’allarme che possono segnalare la presenza di un DCA:
- L’alimentazione e il peso sono pensieri o argomenti ricorrenti
- Aumento del controllo del peso e delle calorie assunte
- Riduzione della frequenza dei pasti o delle quantità di cibo assunto o di alcune tipologie di cibo
- Reazioni rabbiose spropositate per cambiamenti di programma che coinvolgono il cibo
- Tendenza ad evitare occasioni sociali che coinvolgono il mangiare
- Isolamento sociale
- Umore depresso, irritabilità e ansia
- Presenza di attività fisica intensa
Nella bulimia, rispetto all’anoressia, manca l’aspetto della restrizione alimentare, mentre si presentano episodi di abbuffata: ingestione di una quantità di cibo maggiore di quella che solitamente la gran parte delle persone mangerebbe nella stessa quantità di tempo, accompagnata dalla sensazione di perdere il controllo. Le abbuffate vengono poi tenute sotto controllo attraverso comportamenti compensatori, tra cui il più tipico è il vomito autoindotto, ma anche l’uso di diuretici e lassativi, o l’eccessiva attività fisica.
Nel binge eating disorder, o disturbo da alimentazione incontrollata, le abbuffate invece non sono compensate dal vomito, portando quindi spesso a problemi di sovrappeso e obesità.
Anche se distinguiamo queste tre forme di DCA, dobbiamo tener presente che spesso una stessa persona può passare da una all’altra nel tempo, attraversando quindi fasi diverse di quello che alla fine è un unico disturbo.
In ogni caso, in questi pazienti la forma del proprio corpo, ed in particolare la magrezza, viene più o meno consapevolmente associata alla propria amabilità: alla possibilità quindi di essere amati e apprezzati dagli altri.
Terapia dei CDA
Parte fondamentale della terapia dei DCA, quindi, è destrutturare piano piano questa equazione “magro = degno d’amore” e ampliare la concezione del proprio valore personale, non basandola esclusivamente sulla forma del corpo. È importante quindi arricchire le altre sfere della vita che sono state messe da parte (relazioni, attività piacevoli, studio…), andando a costruire in parallelo un rapporto con il cibo basato sulla consapevolezza e non sulle rigide regole che servono al paziente a mantenere il controllo e che rinforzano il disturbo.
Anche il ruolo del nutrizionista nella terapia dei DCA, quindi, risulta essere molto prezioso. Questa figura può accompagnare la persona verso un rapporto più sereno con il corpo e il cibo, partendo da un’educazione alimentare, in cui insegna l’ABC dell’alimentazione, i nutrienti fondamentali al nostro organismo, sfata i falsi miti legati ad alcuni cibi “proibiti”, incoraggia ad una maggiore flessibilità e guida all’ascolto dei segnali del proprio corpo.
Proprio per tutta questa serie di ragioni, noi di eiréne abbiamo fin da subito deciso di portare avanti un lavoro in équipe tra nutrizionista e psicoterapeuta con l’obiettivo di svolgere un percorso integrato e multidisciplinare nel quale il paziente possa essere seguito nella sua totalità, in un continuo interfacciarsi delle due figure professionali.
Il nutrizionista, la Dott.ssa Chiara Raspanti, avrà il compito di seguire la persona dal punto di vista dell’alimentazione, redigere un piano dietetico che rispetti le sue esigenze e monitorarlo nel tempo.
Lo psicoterapeuta, Dott.ssa Giulia Armani e Dott.ssa Alessia Viola, invece ha l’obiettivo di sostenere la persona durante l’intera durata del percorso, interrompendo i meccanismi di mantenimento del disturbo, lavorando sul concetto di immagine corporea e sull’autostima del paziente.